Rieccomi. Sono qui a ripensare al nutrimento incontrato, cercato o cucinato durante l’estivazione. Quello cucinato verrà debitamente fotografato e inserito nella pagina delle opere artistiche.
Nell’estate non mi sono mossa molto, ma sono riuscita a pellegrinare a Monterchi, paese piccolo e arroccato su una collina in Val Tiberina, non lontano da Arezzo.
Vi torno e ritorno per poter vedere la Madonna del Parto di Piero della Francesca.
Sono arrivata all’ora di pranzo. Non ricordavo gli orari del museo. Fuori, in attesa, qualche famiglia. Tra le altre, una dalla Spagna. Arrivato il custode, si entra. Il capo famiglia spagnolo rinuncia, se ne va brontolando a causa del costo (5€ a biglietto) a suo parere eccessivo per vedere un’unica opera. Perchè, sì, nella piccola scuola riconvertita in museo, c’è solo lei, la Madonna con i suoi Angeli. L’impulso è stato rincorrerli, tentare di spiegare. Che non c’è prezzo. Che l’occasione, soprattutto se unica forse, nella vita, è irrinunciabile. Che io se non sono lì vicina per caso, ci vado appositamente. Tutti gli anni. Che si entra in una sala tranquilla dove ci si può perdere nella bellezza in tranquillità. Che…
Ma come spiegare l’ineffabile e il sublime? Come una devozione ad un incontro che di anno in anno mi accompagna all’attraversamento di soglie differenti?
Ogni volta, nell’entrare, c’è un primo momento che si ripete per intensità e qualità uguale a se stesso. Reverenza, stupore, gratitudine per l’essere umano che ha saputo creare e ci ha donato tanta meraviglia. Ma, soprattutto, silenzio.
Cado nell’assenza di parole e suoni. Il silenzio è fuori e dentro di me. Incontro l’opera che mi raggiunge e tocca e non esiste altro, né altri. Mi siedo e sto.
Ci vuole tempo prima che accada altro. Quando l’incontro raggiunge una dimensione più attraversabile, inizia un dialogo, diverso di anno in anno.
Il sacro e i misteri del femminile hanno ogni volta attraversato la Bellezza come Epifanie. E come domande, affermazioni, ripulse, conquiste.
Quest’anno ad accogliermi è una giovane contadina ben piantata e luminosa, immersa nella sua stessa carne, nel suo corpo, in una dimensione che niente e nessuno può disturbare. Non ha bisogno di chiedersi che cosa sta vivendo, proprio perché lo vive. Non la disturba che la si osservi, ma neppure le interessa. Non si interroga sugli angeli che la affiancano e sul da fare che si sono dati affinché chi osserva possa interrogarsi e provare a comprendere. Non ha bisogno di porsi domande sullo spirito, sulla vita che si incarna. Abita solidamente il suo corpo e il mistero lo vive. Non ha partecipato al commovente e raffinato omaggio dei tendaggi che riflettono e amplificano l’aprirsi dell’abito. Non ha bisogno di sapersi tempio. Si limita ad esserlo.
Non provo neppure a trovare parole più adeguate. Non ne ho. Mi tengo caro il silenzio che mi coglie ancora quando rivivo e queste poche tracce che tento, non per farvi capire. Non ho questa presunzione, né questa pretesa. Mi piacerebbe che se qualcuno sta leggendo e non l’ha ancora incontrata possa desiderare di farlo.
cara Cecilia! certo, mi è venuto assoluto desiderio di venire a vederla.
Mentre ti leggevo ho pensato spontaneamente al Movimento Autentico: testimone, testimoniata… e molto silenzio.
Cara cecilia che bello ritrovarti dopo l’estate!
non ho mai visto questa opera ma anche a me ora è venuta tanta voglia di vederla!
Sì c’è molto del poter essere testimoni e testimoniati.
Ciao anche a te, Melania! bentrovata! Che dite organizziamo una gita?
devo esserci stata forse da piccola portata dai miei genitori, ne ho un vago vaghissimo ricordo…
comunque mi è venuta veramente voglia di andarci. lo farò, forse sola…
grazie.
Anch’io ci sono stata.
Quel luogo è davvero meraviglioso, la natura intorno, un paese, una casa di campagna, un solo quadro…quel quadro, la possibilità di sedersi e restare insieme in un silenzio che è tutto tranne che vuoto.
Grazie Cecilia per avermelo fatto ricordare!
Ciao Cecilia, che bello ritrovarti in modo così inaspettato.
Questa opera la conosco indirettamente attraverso i libri….ma il tuo resoconto ….così sentito mi ha fatto venire voglia di andare a scoprire, di imergermi nell’atmosfera… il posto arroccato, “l’umanità” che vive lì in modo così semplice vicino a quest’opera “la madonna del parto”
Un abbraccio da Cinzia Capelli (di Genova)
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